"A tu per tu" con Josep Carreras: intervista radiofonica per la Rai (19.02.11)

A distanza di due mesi e mezzo vi propongo l'intervista che Josep Carreras rilasciò per il programma radio RAI "A tu per tu" condotto da Stefano Mensurati, nella puntata del 19 Febbraio, a qualche giorno di distanza dal recital benefico che il tenore offrì a Genova presso il Teatro della Corte.
Un'intervista interessante e ben condotta da entrambi gli interlocutori: nonostante i contenuti siano a tratti gli stessi sono affrontati in maniera originale ed è questo che rende l'intervista ancora più piacevole. L'Italia per qualcosa si salva ancora.

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"La vita gioca brutti scherzi": questa è la frase d'esordio cui si allude il brusco passaggio toccato a Josep Carreras nel 1987, dal fragore degli applausi, al silenzio. Parlare di Carreras significa raccontare la storia di un uomo che ha vinto la malattia, e che con la guarigione ha creato una fondazione che lotta contro la leucemia, la Fundació Josep Carreras, significa raccontare l'ammirevole attività di qualcuno che non ha dimenticato l'esperienza della malattia, e che per questo offre diversi concerti a scopo benefico, non da ultimo quello che il tenore ha cantato presso il Teatro della Corte di Genova in data 13 Febbraio: parte del ricavato è stato destinato all'Ospedale Gaslini di Genova, che il tenore ha promesso di visitare in occasione del suo prossimo ritorno nel capoluogo ligure, una città d'avanguardia per quanto riguarda l'ematologia e il trapianto di midollo; una città, quindi, che sa andare incontro ai bisogni del malato di leucemia. Senz'altro la ricerca ha compiuto diversi passi in avanti - spiega Carreras, suppur non da esperto - nel campo di leucemie, mielomi e linfomi: attualmente, le possibilità di guarigione per un bambino malato di leucemia raggiungono il 75%, e per un adulto, al momento non superano il 50%. 

Si prosegue facendo un passo indietro, rimarcando le origini Catalane di una famiglia di cui Josep era l'ultimo nato fra tre fratelli, figli di una guardia municipale e di una parrucchiera. Rivelatrice l'esperienza presso il cinema Gayarre del quartiere barcellonese di Sants che portó il piccolo Josep a scoprire una sconfinata ammirazione per il tenore americano Mario Lanza, e soprattutto il desiderio profondamente radicato di diventare un cantante. I genitori realizzarono ben presto che non si trattava di una passione passeggera, e lo mandarono a prendere lezioni presso una signora amica della madre, e successivamente al conservatorio che allora era parte del Comune di Barcelona, approfittando dei benefici economici derivanti dall'essere figlio di una guardia municipale. Una carriera brillante fin da subito, visto che solo due anni dopo Josep si sarebbe esibito a scopo benefico con una "cantatina" che sarebbe stata trasmessa dalla Radio Nacional Española: lui aveva inteso la "cantatina" come La Donna è Mobile del Rigoletto, scelta che rivela quella positiva incoscienza che fa parte dell'essere bambino. 

Una corsa rapida, fino al diploma in conservatorio a 17 anni, all'inattesa e prematura morte della madre, e al debutto al Liceu nella Norma di Bellini, occasione in cui il suo "eventuale" dice lui, innegabile dico io, talento fu notato dalla grandissima Montserrat Caballé
 Già prima dei trent'anni Carreras vantava un vasto repertorio operistico, sintomo dell'indole di un artista che non si accontenta della routine e che vuole correre il rischio di conoscere cose nuove, senza fossilizzarsi su un repertorio ristretto che a lungo andare non gli sarebbe più interessato. Carreras elegge come soprano per eccellenza la Callas e la Caballé, mentre senza dubbio la sua scelta tenorile va su Giuseppe Di Stefano, per il suo modo di porsi unico di far trapelare sentimenti ed emozioni nel suo canto. Tra le opere cui è più legato, anche se con fatica, sceglie Carmen, la Bohème, il Ballo in Maschera e Andrea Chenier, con i rispettivi ruoli tenorili.In seguito all'ascolto della famosa Flower Song, La Fleur que tu m'avais jetée, della Carmen, proveniente da un'incisione dei primi anni 80, Carreras confessa di non riuscire a godersi a dovere le proprie incisioni, ma di porsi sempre con un occhio molto critico e professionale, senza riuscire a staccarsi da un'ottica molto tecnica e musicale, ma il fatto di non essere troppo narciso ha senz'altro i suoi risvolti positivi. Si parla poi di questa incisione che vede la presenza dei Berliner, la Filarmonica di Berlino, e soprattutto di Herbert von Karajan, sul quale Carreras non può fare a meno di spendere qualche parola: un uomo rigoroso, un amante della musica che quando amava una voce le mette a disposizione tutti i suoi strumenti: come avere un padre che dirige per te; il primo ad arrivare e l'ultimo ad andarsene: una collaborazione durata 15 anni.
Nel mondo della musica classica e della lirica chi cede alla tentazione di fare il divo non lo è per davvero: quelli veramente bravi, secondo Carreras, non lo fanno perché non ne hanno bisogno, semplicemente lo sono. Con i colleghi ha sempre intrattenuto buoni rapporti, e a questo proposito menziona un consiglio che gli fu dato in occasione della sua prima visita a New York, ovvero "mai discutere con un soprano": Carreras afferma di aver sempre dato retta a questo suggerimento, quindi gli è sempre andata liscia. A parte gli scherzi, i rapporti sono sempre stati ottimi, in particolare quello con Domingo e Pavarotti si è rafforzato notevolmente una volta avviata l'avventura de "I tre tenori".

Luglio 1987: Carreras si trovava a Parigi per girare il film La Bohème diretto dall'italiano Comencini: in quell'occasione il tenore non si sentiva affatto bene tanto dal fare un check-up in ospedale, in seguito al quale venne inaspettatamente trattenuto causa una diagnosi delle più pesanti, la leucemia. Poche le speranze individuate dai dottori, ma fosse anche stata una sola su un milione, Carreras le si sarebbe aggrappato con tutta la sua determinazione. Lunge dall'entrare nell'ambito scientifico, Josep intende sintetizzare accennando alla sua unica possibilità di cura, l'autotrapianto di midollo in seguito a un ciclo trimestrale di chemioterapia, per il quale sarebbe stato trasferito a una Clinica di Seattle specializzata per questo tipo di intervento.

Obbligato il riferimento a una delle missioni più ambiziose della Fondazione di Josep Carreras, il REDMO, ovvero la creazione del registro spagnolo di donatori di midollo osseo, facente parte del registro internazionale, cui la stessa fondazione ha accesso per cercare un donatore non imparentato compatibile per ogni paziente che lo necessitasse, visto che la possibilità di averlo in famiglia è a dir poco rara.

Tornando all'autotrapianto cui si sottopose Carreras, riaffiora l'aneddoto del rifiuto del tenore per l'annestesia totale: non aveva dimenticato di essere un cantante d'opera, ed era certo che ce l'avrebbe fatta e che sarebbe tornato a cantare, per questo motivo volle evitare qualsiasi cosa potesse recargli danno alle corde vocali. 
Impossibile da dimenticare la prima volta in cui poté ritestare le condizioni della propria voce, nel bagno di casa: il bagno - dice ironicamente - è l'ideale perché mette ciascuno a proprio agio, e per l'acustica buona. Ma la voce non era l'unica cosa da esercitare: assieme a lei, il fisico e soprattutto la psiche, entrambi estremamente provati dopo un'esperienza così estenuante. 
A luglio 1988, stretto nell'abbraccio commosso della sua Barcelona, Carreras ritornò a cantare un recital all'Arco di Trionfo, determinato più che mai a riprendersi la sua carriera di cantante: senz'altro, una delle notti, se non la più emozionante della sua vita, perché ritornare alla vita e soprattutto cantare per i propri concittadini non era che il primo passo per ripagare la valanga d'affetto della gente che non l'ha abbandonato un attimo nella sua malattia. Un "debito" che si è trasformato nella creazione della sua Fondazione che lotta contro la leucemia, la stessa malattia di cui aveva sofferto. 
Un altro concerto benefico che è rientrato nella storia è senza dubbio il primo concerto dei Tre Tenori alle Terme di Caracalla. Un'idea molto originale, affiancare sullo stesso palco tre tenori che fortunatamente sostituì l'intento iniziale, quello di radunare i cantanti lirici migliori al mondo per un concerto in occasione del Campionato del Mondo di calcio Italia '90. Tutti e tre accolsero positivamente questa novità, e l'unico che ebbe il coraggio di metterla in pratica è Mario Dradi, con cui Carreras intrattiene un duraturo rapporto professionale, oltre che personale.

Da quello straordinario concerto nacque il disco di musica classica più venduto al mondo, ma soprattutto un pubblico più esteso ebbe l'opportunità di entrare in contatto con un genere che era sempre stato visto come elitario, per pochi. Aveva permesso a tanti di passare da profani ad amanti dell'opera. Ed è proprio ai profani che a Carreras viene chiesto di spiegare le differenze vocali che sussistevano tra Luciano Pavarotti, Plácido Domingo e lui stesso. Di Pavarotti mette in luce il talento naturale, il poderoso strumento d'incredibile facilità emissiva che gli concedeva il lusso di non sforzarsi poi più di tanto, visto il sole che aveva in quella sua voce; Domingo, senz'altro un tenore tra i più versatili, dotato di una straordinaria musicalità. In definitiva, tre strumenti molto diversi, tre persone diverse con fisici, caratteri e modi di pensare diversi, ma che insieme sono riusciti ad arrivare al pubblico per la chimica che li aveva legati, la chiave del successo dei loro concerti.

Soprattutto nel primo periodo posteriore alla malattia, Carreras cantando sul palcoscenico celebrava in primis il fatto di essere vivo; al giorno d'oggi, vista la sua intenzione di non cantare per molti anni ancora, ma di concludere la sua carriera entro qualche anno, vedendo il finale sempre più vicino, vive sempre più intensamente il privilegio di potersi esibire e avere la possibilità di aprire il proprio cuore al pubblico. La leucemia ha sicuramente favorito il processo di maturazione, non solo dell'artista ma soprattutto della persona, che oltre a vedere diversamente le priorità della vita, ha compreso maggiormente quanto sia importante essere tolleranti, e in particolare a riconoscere immediatamente la buona fede, le buone intenzioni delle persone.

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