L'entrevista a Josep Carreras a l'Àgora de TV3 (Primera part)
Finalmente, dopo qualche
inconveniente dovuto a problemi tecnici, il video dell’intervista rivolta a Josep Carreras nel programma Àgora di TV3 è disponibile. In questo primo post ne commenterò solo la prima metà, fino a poco prima del minuto 25.
Per fortuna l’ho vista in tempo reale, lunedì
sera, e devo dire che Xavier Bosch,
al di là di qualche contenuto ormai noto, ha saputo condurre molto bene la
conversazione, con spunti interessanti, e qualche frase chiave che l’ha resa
particolarmente gradevole.
*Key facts: for a short summary in english,
please go at the end of the post
Quando Xavier Bosch ha mostrato l’inconfondibile copertina del libro di
memorie, De viva veu, che Josep Carreras ha scritto a quattro
mani con Màrius Carol, e che è stato
pubblicato lo scorso ottobre, v’era la consapevolezza che quello sarebbe stato
l’incipit dell’intervista, e nello specifico “da un cantante ci si aspetta un disco… ma un libro?”, cui ha fatto
seguito la spiegazione del tenore in merito ai motivi che lo hanno spinto a
intraprendere quel progetto, e alla scelta di Màrius Carol come compagno, con cui condivide diversi aspetti
legati alle origini, alle passioni, e ad alcuni lati del carattere.
Da qui, a qualche cenno ai
contenuti più interessanti, quali il complimento ineguagliabile di Herbert von Karajan, che a suo tempo
disse di aver dovuto attendere 74 anni per poter ascoltare il Don José di Carmen che aveva sempre sognato. Un video ha spezzato la
conversazione, mostrando una sequenza di immagini molto significative sulle
note di quello stesso La Fleur que tu m’avais jetée, che culmina con la
sovrapposizione dell’audio al video di appartenenza, la Carmen del Met del
1986. Permettetemi di dire, un montaggio molto emotivo e ben fatto.
L’interpretazione nell’opera di
Bizet prescindeva il fatto che suo padre, Josep Carreras i Soler, a suo tempo fosse professore
di francese: all’epoca si studiava francese in Catalogna, l’Inglese era ancora
studiato da pochi, soprattutto a scuola. Xavier Bosch, di seguito, scherza sul
fatto che al giorno d’oggi si tratterebbe di “sfruttamento minorile” il fatto
che Josep, da bambino, venisse premiato con qualche mancia per cantare nel
salone di parrucchiera di sua madre, Antonia Coll, venuta a mancare quando
Josep aveva appena 18 anni: aveva sempre creduto in lui, fin dal primo momento,
e per questo motivo non avrebbe mai voluto deluderla; il suo ricordo lo ha
accompagnato sempre. Vedere e sentire Josep parlare di sua madre fa un grande
effetto: di certo un argomento che richiede sentimento e romanticismo, entrambi
essenziali anche nell’opera, specialmente per quanto concerne il ruolo del
tenore.
Tornando a von Karajan, qualche
parola in più attorno alla sua figura: si distingueva per il talento musicale,
per il carisma, per aver precorso i tempi… ad esempio per le registrazioni
video dei concerti di cui è stato pioniere, per la grande sensibilità musicale,
e per aver sempre amato le voci: immancabile l’aneddoto della prima prova del
Requiem di Verdi, durante la quale Carreras, impressionato dalla figura del
direttore austriaco, non riuscì a cantare a voce piena, limitandosi ad
accennare, senza essere minimamente ripreso da quest’ultimo. Il grande
direttore deve saper riflettere le volontà del compositore, deve saper dare l’impronta
adeguata alla musica, i colori giusti alle partiture, e nel caso dell’opera
deve saper accompagnare i cantanti.
Un grande musicista si distingue
dal musicista nel saper trasmettere grandi emozioni e, come osserva Bosch,
emozioni di questo tipo sono molto diverse da quelle che si possono provare
dinnanzi ad un’opera d’arte in un museo, che per quanto sia un capolavoro
difficilmente arriverà al punto da far venire la pelle d’oca. Non so perché, ma
questo confronto va molto di moda ultimamente. Secondo Carreras, la musica gode
di un approccio più diretto e più umano: l’opera in particolare, a differenza
di un grande dipinto che rimarrà sempre identico a sé stesso, gode di una
grande varietà garantita da produzioni diverse, cantanti diversi, direttori e
orchestre diversi, teatri diversi.
Bosch ha fatto inoltre riferimento
a una Bohème viennese diretta da Herbert von Karajan, al termine della quale Josep Carrereas aveva
collezionato 70 minuti di applausi effettuando 110 ingressi in scena a salutare
il pubblico: d’altronde, come puntualizza Carreras, il pubblico di Vienna, noto
per essere tra i maggiormente intenditori, quando è mosso da grande emozione
per una performance che gli è arrivata al cuore, si sente di dimostrarlo per il
tempo che sia necessario. Altrettanto entusiasta è il pubblico del Liceu, un
Teatro per cui Carreras ha sempre avuto e avrà sempre una grande devozione, ed
un grande amore per tutto quello che ha significato nel suo percorso personale
e professionale. Dopo la primissima performance da bambino 11enne nell’opera di
Manuel De Falla, lo stesso Liceu lo ha tenuto a battesimo nei panni di tenore
nella Norma di Bellini, al fianco di Montserrat Caballé, che una settimana fa
vi ha celebrato i 50 dal debutto nella scena operistica barcellonese.
La Caballé, che Carreras
qualifica come il migliore soprano, insieme a Maria Callas: la migliore in
molti repertori, data la sua grandissima versatilità che si è riversata su un
repertorio molto esteso. Al giorno d’oggi, secondo il tenore, il soprano che
sembra aggiudicarsi l’appellativo di “migliore” è Anna Netrebko che, non solo
canta nelle migliori produzioni e nei più grandi teatri, ma addirittura una
magnifica artista che coniuga la voce a una notevole musicalità e un fisico
adeguato.
Nel suo libro, De viva veu,
Carreras cita tra i suoi preferiti tenori che non rientrano della generazione
attuale, che però a detta sua vanta di motissimi tenori di alto livello, quali
Alagna, Rolando Villazón, Juan Diego Flórez, con cui ha condiviso la scena
durante l’omaggio alla Caballé e del quale sostiene “és una maravilla com canta
aquest xicot”, e senza dubbio il tedesco Jonas Kaufmann, uno dei più completi,
in grado di incorporare un vastissimo repertorio.
Fa seguito una vera e propria
lezione pratica di respirazione applicata al canto lirico, che a sua volta aveva appreso da Montserrat Caballé: una respirazione
bassa, non a livello di gola, basata sull’uso del diaframma e mirata a dosare
il fiato durante l’esecuzione di un’aria.
E se l’altezza non superiore al
metro e settanta gli consentiva di giocare a basket, ,a non è detto che la
corporatura di Domingo e Pavarotti li favorisse nell’emissione: la voce dispone
della muscolatura del diaframma e delle corte vocali, ed è indispensabile per
ogni strumento trovare il meccanismo corretto per la massima facilità d’emissione.
Domingo e Pavarotti che assieme a
Carreras formavano lo schieramento dei Tre Tenori, un fenomeno molto
apprezzato, ma qualche volta anche criticato: senza alcun dubbio Carreras ha
affermato che ne è valsa la pena, soprattutto a livello personale, data l’amicizia
che si è venuta a creare e i bei momenti che hanno condiviso; il messaggio di
rendere l’opera più popolare è stato accolto positivamente da una percentuale
molto maggiore delle critiche dei puristi. Con i loro concerti, di cui spiega
come è nata l’idea, molte persone prima d’allora estranee a questo mondo, hanno
cominciato a interessarsi e a diventare
fruitori di musica classica.
Xavier Bosch sembrava curioso di
sapere se il tenore, da eroe romantico che è, consumasse totalmente o lasciasse
anche una minima parte del potere seduttivo anche fuori dalle scene. Carreras
lo ha rassicurando dicendo che, una volta tolte le vesti del cantante, e
reindossate giacca e cravatta, il tenore si ritrasforma in un comune cittadino.
Non solo l’amicizia, i concerti e
i momenti piacevoli, ma ad accomunare i membri de I Tre Tenori vi è anche l’esperienza
del cancro, che nel 2007 non ha avuto un esito positivo per Luciano Pavarotti.
Anche in queste circostanze, i tre si sono dimostrati amici: come racconta
Josep, è stato proprio lui il primo a contrarre la malattia, ed entrambi si
sono mostrati molto solidali nei suoi confronti: Domingo è andato addirittura a
trovarlo a Seattle, e Pavarotti gli infondeva coraggio e buon umore
telefonicamente, dicendogli di rimettersi infretta, altrimenti gli sarebbe
mancata la competizione.
KEY FACTS:
● A very good interview to Josep Carreras by the catalan journalist Xavier Bosch at l'Àgorà de TV3. This post is about only the first half, more or less until the minute 25.
It opens with his recently published memoirs book, De viva veu. A book, something unexpected from a tenor. Carerras explains the reason why he decided to make it, and describes the experience shared with the co-author, Màrius Carol.
● Herbert von Karajan once said that he had to wait to be 74 to listen to the Carmen' Don José he had always dreamed of. One of the best praise ever to Carreras. After the images on the notes of the tenor's aria in Carmen, Josep Carreras mentioned his first meeting with the austrian conductor: in his opinion, the best ever for talent, charisma, musical sensibility and love for voices. A great director has to reflect the intention of the composer, he has to give the right colours to music.
● The fact of interpreting Carmen is not related to his father being french teacher. At that time, studying french at school was very common in Catalonia. After recalling his singing in the hairdresser'salon, Josep talks about his mother who died when he was just 18, and states that her memory has always been with him: she had been the first one who believed in his talent, so it was foundamental for him not to let her down.
● Comparison between music and paintings, or any other work of art. Music is more human, and more direct, especially opera and classical music are never identic to themselves, due to various interpreters, musicians, conductors, productions, etc.
● Josep praises viennese audience for knowledge, ethusiasm and gratitude, after making some comments about a particular performance of La Bohème in which he had received 70 minutes of ovations, during which he had got to return on the stage 110 times. The audience at the Liceu is the same: he feels a real devotion to this theatre, for the meaning it has always had during his life.
● Montserrat Caballé, the greatest soprano, together with Maria Callas, for her versatility and such big repertoire. From the current generation of singers, probably the best soprano is Anna Natrebko, but there are also a lot of high level tenors, such as Alagna, Villazón, Flórez and Kaufmann.
● Carreras, without any intention to do it, gave a real lesson about the correct diaphragm breathing in opera singing. Singing has to do basically with vocal cords and diaphragm muscles, it is not related with other physical features, such as size.
● The Three Tenors between praises and criticism: they enjoyed a lot this wonderful experience which has been much more praised by people who were not familiar with this kind of music before, than criticised by purist. The three of them shared also the cancer diagnosis, the same, unfortunately, Pavarotti died for. The first of them who was diagnosed was Josep: both Plácido and Luciano were real friends to him in such circumstance: Domingo went to Seattle to see him, an Luciano, on the phone, made him feel in a good mood by telling him to recover soon, otherwise no competition for the italian tenor.
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