Josep, come Calaf...
The first thing you think when you meet José Carreras is how can such a big sound come from this slight, softly spoken man. He is pale, with a translucent quality to his skin - one puff of wind would surely blow him over. But when you get a flash of his dark eyes, his face lights up and then you see José Carreras for what he is: a man of incredible strength and resolve. A man who has not only been to the edge of death and had his life restored to him, but who has devoted the remainder of that life to ensuring others are spared the searing experience he endured.
Mi ha colpito tantissimo questa presentazione, la trovo estremamente profonda quanto azzeccata, in quanto mette in luce la straordinaria forza, della voce e dell’anima, che può sprigionare una presenza fisica ormai così esile e delicata. Qualche decina di anni fa non era così magro, il nostro tenore, forse non era così tanto chiaro di carnagione e naturalmente non aveva i capelli imbiancati, però sempre è stato caratterizzato da tanta determinazione in qualsiasi circostanza, dall’infanzia, agli albori della sua carriera, e anche quel giorno del Luglio 1987, quando lui stava lavorando per il film “La Bohème”, diretto da Luigi Comencini: questo era l’obiettivo e quindi niente avrebbe potuto convincerlo a rimanere sotto osservazione in ospedale, niente se non un’affermazione spietata e tagliente come “Si tratta di Leucemia linfoblastica”. Questa frase però, per quanto difficile da digerire, gli ha impedito certamente di continuare a lavorare per questo progetto, ma non ha lavato via la sua determinazione, che ha infatti rivolto altrove: era determinato a combattere per la propria vita.
Questo video da un lato testimonia che in questo film la sua voce non era esattamente quella di un “fantasma”, lui c’era e qui si vede, con una felpa di dubbio gusto, ma con quel solito sguardo meraviglioso e profondo, con la sua folta capigliatura, con il colorito pallido e, nonostante appaia a chi guarda, per riflesso o meno della consapevolezza di quanto è successo dopo, abbastanza provato, stanco, debole, ma sempre conservava il sorriso e la battuta di spirito.
Determinato a lottare per la propria vita, per Albert e Julia, la famiglia e gli amici, per la sua grande passione, per poter salire ancora su un palcoscenico a cantare, per poter emozionare ed emozionarsi ancora, come Calaf ha sfidato le avversità, perché non poteva permettersi di perdere tutto questo, allora era certo del fatto che quell’unica possibilità doveva essere sua.
Forse le prove da superare, gli “enigmi”, erano più di tre, con i vari e interminabili cicli di chemioterapia e radioterapia, la degenza in una camera sterile, tutte le conseguenze che ciò comportava, le punture lombari senza anestesia, perché quella sì che avrebbe potuto compromettere la voce, e tutto questo per mesi, nella Clinica Hutchinson di Seattle. Oltre all’appoggio delle persone più vicine, lo confortavano dandogli grande forza le testimonianze d’affetto dei fans e delle persone comuni da tutto il mondo, la musica qualche volta lo accompagnava durante le terapie più atroci: dopo tre esecuzioni mentali della Celeste Aida sapeva che la terapia per quel giorno era terminata, ma soprattutto il Secondo Concerto per Pianoforte di Sergei Rachmaninov gli regalava un po’ di pace, lo aiutava.
Rachmaninov Secondo Concerto per Pianoforte (Parte I)
Rachmaninov Secondo Concerto per Pianoforte (Parte II)
Rachmaninov Secondo Concerto per Pianoforte (Parte III)
Rachmaninov Secondo Concerto per Pianoforte (Parte IV)
La tenacia, la determinazione e la forza d’animo sono fortunatamente state ricompensate, le terapie avevano funzionato e la via della convalescenza lo avrebbe nel giro di qualche mese riportato a casa, tra le braccia dei suoi figli, e il 21 Luglio 1988 all’Arc de Trionf di Barcellona per il suo secondo debutto. Ma questa esperienza come ha influito su “Carreras l’essere umano”?
“With years, you understand many things. It is important to be passionate, but it is also important to combine the heart and head. I have made mistakes in both my private and professional lives. (…)I had been a bit selfish. My profession was very important to me. Afterwards, I tried to get closer to my kids, my family, to people in general. You mature all of a sudden. I remember the great unhappiness of those times, but also the way not only family and friends but the public surrounded me with affection. It gave me the possibility to create my foundation. (…)
To go through such an experience, your priorities change. Things take another dimension. Certain values in life become stronger. It's difficult to express my gratitude. But I am the proof that it is possible to win the battle.”
E come Calaf, Josep ha vinto. Per se stesso, per gli altri.
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