"Il Video della Settimana": Josep Carreras sings "No, pagliaccio non son" from Pagliacci (Vienna State Opera, 1991)
Benvenuti ad un nuovo Video della Settimana.
Anche giugno si sta rivelando un mese pieno di ricorrenze operistiche, e quest'oggi tocca un argomento che desideravo analizzare nel dettaglio da parecchio tempo: ci occuperemo del 27esimo anniversario del debutto di Josep Carreras nel ruolo di Canio de Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, avvenuto presso il Teatro de la Zarzuela di Madrid il 4 giugno del 1986. A completare il cast, oltre a Josep Carreras, il soprano Ilona Tokody nel ruolo di Nedda, Carlos Chausson nel ruolo di Tonio, Leo Nucci, alternato con Vicente Sardinero, come Silvio, e Josep Ruiz come Beppe, accompagnati da Coro e Orchestra titolari del Teatro de la Zarzuela sotto la guida del Maestro José Collado.
L'anno seguente, Carreras ha trionfato con la stessa opera presso il Teatro Alla Scala: fu l'ultima serie di performance operistiche prima della terribile diagnosi che lo ha allontanato dalle scene per più di un anno. Ad ogni modo, anche il pubblico della Wiener Staatsoper ha avuto il privilegio di conoscere la sua interpretazione in Pagliacci in ben tre occasioni, nel 1987, 1991 e 1994.
L'immagine qui sopra è presa dalla copertina dell'LP dell'incisione in studio de Pagliacci realizzata nel 1979 per la EMI insieme a Renata Scotto e alla straordinaria bacchetta di Riccardo Muti.
Capolavoro della tradizione verista, Pagliacci è un'opera in due atti su musica e libretto dello stesso Ruggero Leoncavallo. L'espediente realista da cui la vicenda è tratta è legato all'infanzia dello stesso compositore: un membro della servitù della sua famiglia venne assassinato per avere un'infatuazione per una ragazza del villaggio, vittima anch'essa e moglie del responsabile dei due delitti. Il caso venne affidato proprio al padre di Leoncavallo che era un giudice e che ha provveduto a condannare l'assassino.
L'opera viene spesso rappresentata in tandem con l'altro grande successo della corrente musicale del Verismo, Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni: la prima registrazione discografica è stata realizzata da Enrico Caruso, senz'altro uno dei motivi del successo popolare dell'opera.
La trama nasce da un motivo meta-teatrale ed ha per protagonisti i membri di una compagnia della Commedia dell'Arte italiana. La natura drammatica deriva dal fatto che i tratti costituenti la trama della commedia che la compagnia è intenta a rappresentare vengano a coincidere con quelli della vita reale degli attori, o più correttamente delle maschere, e quindi dell'opera stessa: come nella commedia di cui è protagonista, Canio subisce il tradimento della moglie Nedda, compagna di scena, innamorata segretamente di Silvio, ma diversamente lui è uomo, non un pagliaccio. Nel momento stesso in cui scopre il tradimento, la natura meta-teatrale raggiunge il culmine concretamente attraverso una battuta della commedia, ripetuta tale e quale da Nedda nella vita reale, cosa che infiamma irrimediabilmente la furia del povero Canio: proprio come Colombina diceva all'amante Arlecchino, Nedda rivolge le stesse parole, "per sempre tua sarò", a Silvio.
Ad oscurare l'anima giocosa della commedia è la drammaticità dell'opera in cui la stessa rientra, nello specifico l'obbligo che la professione di attore impone all'uomo della vita vera: nonostante l'amarezza ed il veleno che pervadono il cuore di Canio, questi è pagato per dover ridere e provocare divertimento come racconta la celeberrima aria del tenore, Recitar... Vesti la giubba.
Il dramma però prende il sopravvento nell'epilogo, la parte che vorrei proporvi oggi in una versione che purtroppo non è quella del debutto, poiché si tratta di un filmato particolarmente raro, ma invece di una performance realizzata all'Opera di Vienna nel 1991: non che questa sia meno rara, ma fortunatamente è stata trasmessa più volte dalla televisione austriaca durante ricorrenze particolari legate al percorso professionale di Josep Carreras, in particolare ai suoi ripetuti trionfi alla Staatsoper.
Nel momento stesso in cui Canio riascolta le quelle stesse parole pronunciate da Colombina "per sempre io sarò tua", Canio entra in scena ma il suo proposito di recitare verrà progressivamente meno: già dal suo ingresso si avverte come di "Pagliaccio" Canio indossi solo gli abiti, ma che in verità non saprà trattenere la disperazione e perderà il controllo. In questo momento l'autenticità della performance rende parecchio ambigua la distinzione tra teatro e vita: il pubblico infatti appare confuso, smarrito, e capirà solo pochi secondi prima dell'inevitabile che non era una commedia ma la realtà ad aver preso posto in scena.
La famosissima frase che sancisce la chiusura, "La commedia è finita", nel manoscritto originale era affidata a Tonio per garantire il parallelismo con l'apertura del prologo e per altri motivi di chiara natura drammaturgica: pochi anni dopo è stata, invece, assegnata a Canio e, salvo rare eccezioni, costituisce ancora la tradizione.
Rientrando Pagliacci, come già accennato, alla corrente del Verismo il ruolo di Canio richiede una vocalità particolare, una modalità emissiva può raggiungere trionfi incredibili a teatro ma allo stesso modo può rivelarsi, a lungo andare, particolarmente esaustiva per il tenore, soprattutto se la vocalità non è esattamente quella ideale.
Josep Carreras, ad eccezione della registrazione in studio del 1979, ha intrapreso la sfida del ruolo di Canio alla soglia dei 40 anni, in un momento in cui la voce aveva già raggiunto la piena maturità per esprimere al meglio la natura del dramma: pur non essendo un tenore spinto, conquista il pubblico poiché in possesso di sensazionali doti interpretative che ben si adattano alla resa drammatica.
Come si evince nella scena finale finale, "No, pagliaccio non son, di cui You Tube ci offre la straordinaria versione viennese del settembre 1991, Josep Carreras ha voluto adeguare l'emissione vocale scurendo visibilmente il centro, fatto che inevitabilmente influisce sugli acuti che risuonano infatti in modo diverso da come siamo abituati a sentirli dalla sua voce.
Il video riprende il momento appena successivo all'ingresso in scena di Canio: il fraseggio più delicato denota il tentativo iniziale del personaggio di non perdere il controllo e di recitare la commedia, ma tutto è vano come suggerisce il repentino cambio di colore e l'emergere della sua ira nel chiedere insistentemente il nome dell'amante. Nedda cerca di riportarlo nel contesto scenico chiamandolo con il nome del suo personaggio, Pagliaccio, ma questo ricorso non fa che alimentare il suo stato d'animo: "No, pagliaccio non son" è il punto di avvio di un vortice furioso in cui Canio, prendendo le distanze dal suo personaggio e scaraventando a terra il cappello con la parrucca, mette a nudo il suo rabbioso desiderio di vendetta e lo sdegno nei confronti della donna che l'ha tradito. Sono questi gli istanti in cui la sua interpretazione raggiunge livelli di autenticità tali da renderci parte del suo dolore che, implacabile, sfoga nell'odio: notate come rende emotivamente certe parole, come lo spietato "maledetta" o la chiusura della frase "un amor che era febbre e follia", a dir poco disarmante, accompagnando un'espressione, una smorfia, talmente vera ed evocativa che risulta difficile da descrivere.
A questo punto Leoncavallo mostra tutta la sua genialità inscrivendo un frammento di rara bellezza, per intenderci a partire da "Sperai, tanto il delirio accecato m'aveva", struggente e commovente nel fare riferimento alla fiducia e la speranza che riponeva nella donna. Un esempio di acuto inevitabilmente condizionato dall'oscuramento del timbro è dato dal Si bemolle sul verbo credea, ripetuto in seguito nella sillaba centrale dell'aggettivo abbietta, il primo a esprimere speranza ed il secondo disprezzo, entrambi profondamente enfatici ed accompagnati addirittura da spasmi. Segue una parte complessa, non solo a livello recitativo ma anche per il ritmo frammentato in "No! Per Dio! Tu resterai" con altro Si bemolle a conclusione del verso "e il nome del tuo ganzo mi dirai!", e ancora, dopo l'intervento di Nedda, un'altra sequenza di La e Si bemolle ravvicinati.
L'intensità cresce visibilmente, a pari passo con la disperata gelosia dell'uomo che afferra il pugnale con cui colpirà l'infedele condannandola confessare il nome dell'amante in punto di morte: qui Carreras si prepara ad un finale a dir poco agghiacciante: quel "di morte negli spasimi lo dirai", seguito a sua volta da quell' "Ah! Sei tu!! Ben venga!!" una volta che Nedda morente chiede soccorso all'amante pronunciandone il nome e questi ferito a morte con lo stesso pugnale, pronunciati nel completo delirio di un marito accecato dal desiderio di vendicarsi. Una sequenza che culmina con un'espressione del volto che non potrebbe rendere in modo più sincero il dramma in tutta la sua potenza, e con la celebre chiusura "La commedia è finita" che forse, azzardo, vale quasi tutta l'opera, e che radica in te il disagio, ti lascia sconvolto anche una volta chiuso il sipario.
È in questi momenti che Josep Carreras sfoderava in grande tutte la sua sensibilità interpretativa tale da non far rimpiangere un tenore con la vocalità richiesta, ma forse non altrettanto abile nel tradurre la musica in sentimento. Ogni volta questo finale è un trauma, ma è incredibile!! Godetevelo!!
Spero abbiate apprezzato la mia proposta di oggi. L'appuntamento è per domenica prossima con un nuovo video. Auguro a tutti una buona settimana!!
Key facts:
Welcome to a new Video of the Week.
June is proving to be a month full of operatic anniversaries, and today it's time for a topic I had wanted to analyze in detail for a long time: we will celebrate the 27th anniversary of Josep Carreras ' debut in the role of Canio of Pagliacci by Ruggero Leoncavallo, which took place at the Teatro de la Zarzuela in Madrid on 4 June, 1986. Apart from Josep Carreras, the cast was completed by soprano Ilona Tokody in the role of Nedda, Carlos Chausson in the role of Tonio, Leo Nucci, alternating with Vicente Sardinero, as Silvio, and Josep Ruiz as Beppe, accompanied by the Choir and Orchestra of the Teatro de la Zarzuela under the baton of Maestro José Collado.
The following year, Carreras triumphed with the same opera at the Teatro Alla Scala: it was the last serie of operatic performances before the terrible diagnosis that took him away from the scene for more than a year. However, the audience of the Wiener Staatsoper had the privilege of experiencing his performances in Pagliacci on three occasions, in 1987, 1991 and 1994.
The picture above is taken from the LP cover of the studio recording of Pagliacci he made in 1979 for EMI with Renata Scotto and the extraordinary conductor Riccardo Muti.
A masterpiece of Verismo tradition, Pagliacci is an opera in prologue and two acts with both music and libretto by Ruggero Leoncavallo. The true story from which the it is taken is linked to childhood of the composer himself: a member of the servants of his family was murdered for having a crush on a girl, both wife and victim of the responsible for these two murders. The case was right assigned in Leoncavallo's father who was a judge, who proceeded to condemn the murderer.
The opera is often represented in tandem with the other great success of the Verismo musical style, Cavalleria Rusticana by Pietro Mascagni: the first recoding was made by Enrico Caruso, certainly one of the reasons for the popular success of this opera.
The plot is based on a meta-theatrical structure and deals with the company members of the Italian Commedia dell'Arte as protagonists. The dramatic nature comes from the fact that the features of the plot of the comedy that the company is representing from a certain point coincide with the real-life of the actors, or more correctly of the masks, so to the opera itself: as well as in the play of which he is the protagonist, Canio has been betrayed by his wife, companion in the scene, secretly in love with Silvio, but differently from the play he is a man, not a clown. In the same moment he discovers the betrayal, the meta-theatrical nature reaches its climax through a line of the play, repeated as it is by Nedda in real life, something that hopelessly inflames poor Canio's fury: just like Columbina say to her lover Arlecchino, Nedda utters the same words, "I will be yours forever" to Silvio.
What obscureS the playful soul of the comedy is the dramatic opera it belongs to, specifically that the actors profession does not allow you to be influenced by what happens in you real life of man: despite the bitterness and venom invading Canio's heart, he is paid to laugh and make the audience have fun as we are told by the famous tenor aria, Recitar... Vesti la giubba (Put on your costume).
The drama, however, reaches its peak in the epilogue, the part I would like to propose to you today in a version which unfortunately is not one of the debut, since it is a very rare video recording, but of a performance made the Vienna State Opera in 1991 instead: not that this is less rare, but fortunately was broadcast several times by the Austrian television on occasions of special events related to Josep Carreras' career, in particular to celebrate his so many triumphs at the Staatsoper.
At the very moment in which Canio listens again to those words uttered by Colombina "I'll be yours forever", he arrives on stage but his purpose to act will progressively fail: since his very entrance we can feel how Canio actually wears only the clothes of the clown, and that at the end he won't be able to hold despair and loses his control. At this time, the authenticity of Canio's performance makes so ambiguous the distinction between theater and real life: in fact, the public seems confused, lost, and only a few seconds before the inevitable tragedy will understand that it was not a comedy but reality on stage.
The famous phrase that marks the end, "La commedia è finita (The play is over)", in the original manuscript was entrusted to Tonio to ensure parallelism with the opening of the prologue for other clearly dramatic reasons: however, a few years later it was assigned to Canio and, with rare exceptions, it is still the tradition.
As Pagliacci belongs, as already mentioned, to Verismo, the role of Canio requires a particular kind of voice: such kind of voice emission can achieve unbelievable triumphs on the stage, but in the same way it may be, in the long term, particularly exhaustive for the tenor, especially if his is not exactly ideal.
Josep Carreras, except for the studio recording of 1979, took on the challenge of the role of Canio nearly at the age of 40, at a time when his voice had already reached full maturity to correctly express the nature of the drama: even though he's not a spinto tenor, he could conquer the public due to sensational interpretative skills that are well suited to the dramatic field.
As we can notice in the final scene, "No, pagliaccio non son" (No, I am not clown), of which YouTube offers us an Viennese extraordinary version of September 1991, Josep Carreras tried to adjust his voice by visibly darkening his center, that inevitably affected the acute range, in fact high notes resonate in a different way from we are used to hear from his voice.
The video shows the moment right after Canio's back on stage: the more delicate phrasing denotes the initial intention of the character not to lose his control and perform, but all in vain as suggested by the sudden change of color and by his emerging anger in asking insistently for the name of her lover. In order to recall the play back, she calls him by the of his character, Pagliaccio, but this makes the situation even worse: "No, Pagliaccio non son" is the starting point of a vortex of fury in which Canio distances himself from his character by pulling down his clown hat and wig, reveals his rabid desire for revenge and indignation against the woman who betrayed him. These are the moments in which his performance reaches levels of authenticity such as to make us part of his implacable pain giving rise to hatred: notice how emotionally he sings certain words, such as the ruthless "maledetta" (cursed) or the ending of the phrase "un amor ch'era febbre e follia" (a love that was fever and madness), simply disarming, accompanying such a real and evocative expression on his face I can hardly describe.
At this point, Leoncavallo shows his genius inscribing a fragment of rare beauty, to make it clear the one starting with "Sperai, tanto delirio accecato m'aveva" (I hoped, delusion had blinded me so much), poignant and moving in referring to the trust and hope he had put in the woman. Some examples of high notes inevitably affected by the darkening of the timbre is given by the B flat on the verb credea (I believed), repeated later in the middle syllable of the adjective abbietta (abject), the former to express hope, and the latter disdain, both deeply emphatic and even accompanied by spasms.
Then there is a very difficult part, not only from the acting point of view, but also for the fragmented rhytm in "No! Per Dio! Tu resterai!" (No! For God's sake! You'll stay here), with another B-flat at the end of the verse "e il nome del tuo ganzo mi dirai" (and you reveal me the name of your lover) and yet, after the intervention of Nedda, another sequence of A and B flat and so close to each other.
The intensity grows more and more, hand in hand with the desperate jealousy of the man who grasps the dagger with which he will stab her, so condamning her to confess the name of his lover on his deathbed: here Carreras prepares for a simply terrific finale: that "di morte negli spasimi lo dirai" (in the throes of death you will tell it), followed by "Ah! Sei tu! Ben venga!" (Oh, it's you!! Much the better!), once Nedda asks for rescue to her lover by saying his name, he is mortally wounded with the same dagger, delivered in full delirium typical of a husband blinded by the desire for revenge. A sequence that ends with a facial expression that could not make the drama more sincere in all its power, and with the famous closing "The comedy is over" that perhaps, I dare, is almost worth of the whole opera, which rooted in you discomfort, leaves you deeply disturbed even when the curtain is closed. It is in these moments that Josep Carreras fully showed his interpretative sensitivity that make us not regret a tenor with the proper requested kind of voice, but who might perhaps not be as good at translating music into feelings. Every time I watch it it's a trauma, but it's amazing! Enjoy it!
Hope you have appreciated my proposal of today. See you next Sunday with a new video. Have a nice week!!
L'anno seguente, Carreras ha trionfato con la stessa opera presso il Teatro Alla Scala: fu l'ultima serie di performance operistiche prima della terribile diagnosi che lo ha allontanato dalle scene per più di un anno. Ad ogni modo, anche il pubblico della Wiener Staatsoper ha avuto il privilegio di conoscere la sua interpretazione in Pagliacci in ben tre occasioni, nel 1987, 1991 e 1994.
Josep Carreras as Canio. Pagliacci LP Cover |
L'immagine qui sopra è presa dalla copertina dell'LP dell'incisione in studio de Pagliacci realizzata nel 1979 per la EMI insieme a Renata Scotto e alla straordinaria bacchetta di Riccardo Muti.
Capolavoro della tradizione verista, Pagliacci è un'opera in due atti su musica e libretto dello stesso Ruggero Leoncavallo. L'espediente realista da cui la vicenda è tratta è legato all'infanzia dello stesso compositore: un membro della servitù della sua famiglia venne assassinato per avere un'infatuazione per una ragazza del villaggio, vittima anch'essa e moglie del responsabile dei due delitti. Il caso venne affidato proprio al padre di Leoncavallo che era un giudice e che ha provveduto a condannare l'assassino.
L'opera viene spesso rappresentata in tandem con l'altro grande successo della corrente musicale del Verismo, Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni: la prima registrazione discografica è stata realizzata da Enrico Caruso, senz'altro uno dei motivi del successo popolare dell'opera.
La trama nasce da un motivo meta-teatrale ed ha per protagonisti i membri di una compagnia della Commedia dell'Arte italiana. La natura drammatica deriva dal fatto che i tratti costituenti la trama della commedia che la compagnia è intenta a rappresentare vengano a coincidere con quelli della vita reale degli attori, o più correttamente delle maschere, e quindi dell'opera stessa: come nella commedia di cui è protagonista, Canio subisce il tradimento della moglie Nedda, compagna di scena, innamorata segretamente di Silvio, ma diversamente lui è uomo, non un pagliaccio. Nel momento stesso in cui scopre il tradimento, la natura meta-teatrale raggiunge il culmine concretamente attraverso una battuta della commedia, ripetuta tale e quale da Nedda nella vita reale, cosa che infiamma irrimediabilmente la furia del povero Canio: proprio come Colombina diceva all'amante Arlecchino, Nedda rivolge le stesse parole, "per sempre tua sarò", a Silvio.
Ad oscurare l'anima giocosa della commedia è la drammaticità dell'opera in cui la stessa rientra, nello specifico l'obbligo che la professione di attore impone all'uomo della vita vera: nonostante l'amarezza ed il veleno che pervadono il cuore di Canio, questi è pagato per dover ridere e provocare divertimento come racconta la celeberrima aria del tenore, Recitar... Vesti la giubba.
Josep Carreras as Canio. Madrid, Teatro de la Zarzuela, 1986. |
Il dramma però prende il sopravvento nell'epilogo, la parte che vorrei proporvi oggi in una versione che purtroppo non è quella del debutto, poiché si tratta di un filmato particolarmente raro, ma invece di una performance realizzata all'Opera di Vienna nel 1991: non che questa sia meno rara, ma fortunatamente è stata trasmessa più volte dalla televisione austriaca durante ricorrenze particolari legate al percorso professionale di Josep Carreras, in particolare ai suoi ripetuti trionfi alla Staatsoper.
Nel momento stesso in cui Canio riascolta le quelle stesse parole pronunciate da Colombina "per sempre io sarò tua", Canio entra in scena ma il suo proposito di recitare verrà progressivamente meno: già dal suo ingresso si avverte come di "Pagliaccio" Canio indossi solo gli abiti, ma che in verità non saprà trattenere la disperazione e perderà il controllo. In questo momento l'autenticità della performance rende parecchio ambigua la distinzione tra teatro e vita: il pubblico infatti appare confuso, smarrito, e capirà solo pochi secondi prima dell'inevitabile che non era una commedia ma la realtà ad aver preso posto in scena.
La famosissima frase che sancisce la chiusura, "La commedia è finita", nel manoscritto originale era affidata a Tonio per garantire il parallelismo con l'apertura del prologo e per altri motivi di chiara natura drammaturgica: pochi anni dopo è stata, invece, assegnata a Canio e, salvo rare eccezioni, costituisce ancora la tradizione.
Rientrando Pagliacci, come già accennato, alla corrente del Verismo il ruolo di Canio richiede una vocalità particolare, una modalità emissiva può raggiungere trionfi incredibili a teatro ma allo stesso modo può rivelarsi, a lungo andare, particolarmente esaustiva per il tenore, soprattutto se la vocalità non è esattamente quella ideale.
Josep Carreras, ad eccezione della registrazione in studio del 1979, ha intrapreso la sfida del ruolo di Canio alla soglia dei 40 anni, in un momento in cui la voce aveva già raggiunto la piena maturità per esprimere al meglio la natura del dramma: pur non essendo un tenore spinto, conquista il pubblico poiché in possesso di sensazionali doti interpretative che ben si adattano alla resa drammatica.
Josep Carreras as Canio. Vienna State Opera, September 1991. |
Il video riprende il momento appena successivo all'ingresso in scena di Canio: il fraseggio più delicato denota il tentativo iniziale del personaggio di non perdere il controllo e di recitare la commedia, ma tutto è vano come suggerisce il repentino cambio di colore e l'emergere della sua ira nel chiedere insistentemente il nome dell'amante. Nedda cerca di riportarlo nel contesto scenico chiamandolo con il nome del suo personaggio, Pagliaccio, ma questo ricorso non fa che alimentare il suo stato d'animo: "No, pagliaccio non son" è il punto di avvio di un vortice furioso in cui Canio, prendendo le distanze dal suo personaggio e scaraventando a terra il cappello con la parrucca, mette a nudo il suo rabbioso desiderio di vendetta e lo sdegno nei confronti della donna che l'ha tradito. Sono questi gli istanti in cui la sua interpretazione raggiunge livelli di autenticità tali da renderci parte del suo dolore che, implacabile, sfoga nell'odio: notate come rende emotivamente certe parole, come lo spietato "maledetta" o la chiusura della frase "un amor che era febbre e follia", a dir poco disarmante, accompagnando un'espressione, una smorfia, talmente vera ed evocativa che risulta difficile da descrivere.
A questo punto Leoncavallo mostra tutta la sua genialità inscrivendo un frammento di rara bellezza, per intenderci a partire da "Sperai, tanto il delirio accecato m'aveva", struggente e commovente nel fare riferimento alla fiducia e la speranza che riponeva nella donna. Un esempio di acuto inevitabilmente condizionato dall'oscuramento del timbro è dato dal Si bemolle sul verbo credea, ripetuto in seguito nella sillaba centrale dell'aggettivo abbietta, il primo a esprimere speranza ed il secondo disprezzo, entrambi profondamente enfatici ed accompagnati addirittura da spasmi. Segue una parte complessa, non solo a livello recitativo ma anche per il ritmo frammentato in "No! Per Dio! Tu resterai" con altro Si bemolle a conclusione del verso "e il nome del tuo ganzo mi dirai!", e ancora, dopo l'intervento di Nedda, un'altra sequenza di La e Si bemolle ravvicinati.
L'intensità cresce visibilmente, a pari passo con la disperata gelosia dell'uomo che afferra il pugnale con cui colpirà l'infedele condannandola confessare il nome dell'amante in punto di morte: qui Carreras si prepara ad un finale a dir poco agghiacciante: quel "di morte negli spasimi lo dirai", seguito a sua volta da quell' "Ah! Sei tu!! Ben venga!!" una volta che Nedda morente chiede soccorso all'amante pronunciandone il nome e questi ferito a morte con lo stesso pugnale, pronunciati nel completo delirio di un marito accecato dal desiderio di vendicarsi. Una sequenza che culmina con un'espressione del volto che non potrebbe rendere in modo più sincero il dramma in tutta la sua potenza, e con la celebre chiusura "La commedia è finita" che forse, azzardo, vale quasi tutta l'opera, e che radica in te il disagio, ti lascia sconvolto anche una volta chiuso il sipario.
È in questi momenti che Josep Carreras sfoderava in grande tutte la sua sensibilità interpretativa tale da non far rimpiangere un tenore con la vocalità richiesta, ma forse non altrettanto abile nel tradurre la musica in sentimento. Ogni volta questo finale è un trauma, ma è incredibile!! Godetevelo!!
Spero abbiate apprezzato la mia proposta di oggi. L'appuntamento è per domenica prossima con un nuovo video. Auguro a tutti una buona settimana!!
Key facts:
Welcome to a new Video of the Week.
June is proving to be a month full of operatic anniversaries, and today it's time for a topic I had wanted to analyze in detail for a long time: we will celebrate the 27th anniversary of Josep Carreras ' debut in the role of Canio of Pagliacci by Ruggero Leoncavallo, which took place at the Teatro de la Zarzuela in Madrid on 4 June, 1986. Apart from Josep Carreras, the cast was completed by soprano Ilona Tokody in the role of Nedda, Carlos Chausson in the role of Tonio, Leo Nucci, alternating with Vicente Sardinero, as Silvio, and Josep Ruiz as Beppe, accompanied by the Choir and Orchestra of the Teatro de la Zarzuela under the baton of Maestro José Collado.
The following year, Carreras triumphed with the same opera at the Teatro Alla Scala: it was the last serie of operatic performances before the terrible diagnosis that took him away from the scene for more than a year. However, the audience of the Wiener Staatsoper had the privilege of experiencing his performances in Pagliacci on three occasions, in 1987, 1991 and 1994.
The picture above is taken from the LP cover of the studio recording of Pagliacci he made in 1979 for EMI with Renata Scotto and the extraordinary conductor Riccardo Muti.
A masterpiece of Verismo tradition, Pagliacci is an opera in prologue and two acts with both music and libretto by Ruggero Leoncavallo. The true story from which the it is taken is linked to childhood of the composer himself: a member of the servants of his family was murdered for having a crush on a girl, both wife and victim of the responsible for these two murders. The case was right assigned in Leoncavallo's father who was a judge, who proceeded to condemn the murderer.
The opera is often represented in tandem with the other great success of the Verismo musical style, Cavalleria Rusticana by Pietro Mascagni: the first recoding was made by Enrico Caruso, certainly one of the reasons for the popular success of this opera.
The plot is based on a meta-theatrical structure and deals with the company members of the Italian Commedia dell'Arte as protagonists. The dramatic nature comes from the fact that the features of the plot of the comedy that the company is representing from a certain point coincide with the real-life of the actors, or more correctly of the masks, so to the opera itself: as well as in the play of which he is the protagonist, Canio has been betrayed by his wife, companion in the scene, secretly in love with Silvio, but differently from the play he is a man, not a clown. In the same moment he discovers the betrayal, the meta-theatrical nature reaches its climax through a line of the play, repeated as it is by Nedda in real life, something that hopelessly inflames poor Canio's fury: just like Columbina say to her lover Arlecchino, Nedda utters the same words, "I will be yours forever" to Silvio.
What obscureS the playful soul of the comedy is the dramatic opera it belongs to, specifically that the actors profession does not allow you to be influenced by what happens in you real life of man: despite the bitterness and venom invading Canio's heart, he is paid to laugh and make the audience have fun as we are told by the famous tenor aria, Recitar... Vesti la giubba (Put on your costume).
The drama, however, reaches its peak in the epilogue, the part I would like to propose to you today in a version which unfortunately is not one of the debut, since it is a very rare video recording, but of a performance made the Vienna State Opera in 1991 instead: not that this is less rare, but fortunately was broadcast several times by the Austrian television on occasions of special events related to Josep Carreras' career, in particular to celebrate his so many triumphs at the Staatsoper.
At the very moment in which Canio listens again to those words uttered by Colombina "I'll be yours forever", he arrives on stage but his purpose to act will progressively fail: since his very entrance we can feel how Canio actually wears only the clothes of the clown, and that at the end he won't be able to hold despair and loses his control. At this time, the authenticity of Canio's performance makes so ambiguous the distinction between theater and real life: in fact, the public seems confused, lost, and only a few seconds before the inevitable tragedy will understand that it was not a comedy but reality on stage.
The famous phrase that marks the end, "La commedia è finita (The play is over)", in the original manuscript was entrusted to Tonio to ensure parallelism with the opening of the prologue for other clearly dramatic reasons: however, a few years later it was assigned to Canio and, with rare exceptions, it is still the tradition.
As Pagliacci belongs, as already mentioned, to Verismo, the role of Canio requires a particular kind of voice: such kind of voice emission can achieve unbelievable triumphs on the stage, but in the same way it may be, in the long term, particularly exhaustive for the tenor, especially if his is not exactly ideal.
Josep Carreras, except for the studio recording of 1979, took on the challenge of the role of Canio nearly at the age of 40, at a time when his voice had already reached full maturity to correctly express the nature of the drama: even though he's not a spinto tenor, he could conquer the public due to sensational interpretative skills that are well suited to the dramatic field.
As we can notice in the final scene, "No, pagliaccio non son" (No, I am not clown), of which YouTube offers us an Viennese extraordinary version of September 1991, Josep Carreras tried to adjust his voice by visibly darkening his center, that inevitably affected the acute range, in fact high notes resonate in a different way from we are used to hear from his voice.
The video shows the moment right after Canio's back on stage: the more delicate phrasing denotes the initial intention of the character not to lose his control and perform, but all in vain as suggested by the sudden change of color and by his emerging anger in asking insistently for the name of her lover. In order to recall the play back, she calls him by the of his character, Pagliaccio, but this makes the situation even worse: "No, Pagliaccio non son" is the starting point of a vortex of fury in which Canio distances himself from his character by pulling down his clown hat and wig, reveals his rabid desire for revenge and indignation against the woman who betrayed him. These are the moments in which his performance reaches levels of authenticity such as to make us part of his implacable pain giving rise to hatred: notice how emotionally he sings certain words, such as the ruthless "maledetta" (cursed) or the ending of the phrase "un amor ch'era febbre e follia" (a love that was fever and madness), simply disarming, accompanying such a real and evocative expression on his face I can hardly describe.
At this point, Leoncavallo shows his genius inscribing a fragment of rare beauty, to make it clear the one starting with "Sperai, tanto delirio accecato m'aveva" (I hoped, delusion had blinded me so much), poignant and moving in referring to the trust and hope he had put in the woman. Some examples of high notes inevitably affected by the darkening of the timbre is given by the B flat on the verb credea (I believed), repeated later in the middle syllable of the adjective abbietta (abject), the former to express hope, and the latter disdain, both deeply emphatic and even accompanied by spasms.
Then there is a very difficult part, not only from the acting point of view, but also for the fragmented rhytm in "No! Per Dio! Tu resterai!" (No! For God's sake! You'll stay here), with another B-flat at the end of the verse "e il nome del tuo ganzo mi dirai" (and you reveal me the name of your lover) and yet, after the intervention of Nedda, another sequence of A and B flat and so close to each other.
The intensity grows more and more, hand in hand with the desperate jealousy of the man who grasps the dagger with which he will stab her, so condamning her to confess the name of his lover on his deathbed: here Carreras prepares for a simply terrific finale: that "di morte negli spasimi lo dirai" (in the throes of death you will tell it), followed by "Ah! Sei tu! Ben venga!" (Oh, it's you!! Much the better!), once Nedda asks for rescue to her lover by saying his name, he is mortally wounded with the same dagger, delivered in full delirium typical of a husband blinded by the desire for revenge. A sequence that ends with a facial expression that could not make the drama more sincere in all its power, and with the famous closing "The comedy is over" that perhaps, I dare, is almost worth of the whole opera, which rooted in you discomfort, leaves you deeply disturbed even when the curtain is closed. It is in these moments that Josep Carreras fully showed his interpretative sensitivity that make us not regret a tenor with the proper requested kind of voice, but who might perhaps not be as good at translating music into feelings. Every time I watch it it's a trauma, but it's amazing! Enjoy it!
Hope you have appreciated my proposal of today. See you next Sunday with a new video. Have a nice week!!
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