Vienna could not stop applauding Josep Carreras at the Konzerthaus


La graditissima notizia del concerto che Josep Carreras avrebbe offerto alla Konzerthaus di Vienna il 14 Ottobre del 2011 era sulla bocca dei fan già molto. Ricordo ancora che, al concerto del 10 Ottobre 2010 alla Scala, già se ne parlava come cosa nota. A più di un anno di distanza, quella sera è arrivata.
Josep Carreras si è esibito alla Wiener Konzerthaus, accompagnato dal soprano Sylvia Schwartz e dalla Orchester der Wiener Volksoper diretta dal Maestro David Giménez. Il programma prende il nome di Liebe und Leidenschaft (Love and Passion), e presenta alcuni contenuti del nuovo album omonimo che uscirà nel tardo autunno.

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L’aria fredda che soffiava venerdì sera non aveva alcun potere in confronto al piacevole tepore che regnava nel salone d’ingresso della Konzerthaus, già gremita più di un’ora prima dell’inizio effettivo del concerto. Tempo di accomodarsi nella sala, il gradevole brusio delle voci di persone che condividevano in gruppi gli istanti precedenti il concerto si è gradualmente evoluto nel tipico LA emesso dal primo violino dell’orchestra, seguito da tutti gli altri strumenti intenti nell’accordatura. Attimi di silenzio, cui ha fatto seguito l’ingresso del direttore, il Maestro David Giménez, accolto con grande calore dall’intera sala, intera nel vero senso della parola, dal momento in cui l’evento era sold-out già da parecchio tempo. Già dai primissimi applausi era possibile apprezzare l’acustica della sala, in cui risuonavano vivi, straripanti d’entusiasmo. L’attesissima serata è stata ufficialmente inaugurata con El sombrero de tres picos – Danza Final di Manuel de Falla, diretto magistralmente da Giménez. L’orchestra  suonava maestosa, e con la splendida musica raggiungeva gli angoli più reconditi della sala.
Fin dalla prima nota si respirava aria di Spagna, che ci ha fatto compagnia per tutta la prima parte, con una sequenza di brani che in parte richiamava un po’ l’ultima apparizione scaligera che ho menzionato prima. Attimi di silenzio ma colmi di emozione quelli in cui si attendeva l’ingresso del tenore, investito da un’ovazione affettuosissima dal pubblico viennese che lo ha sempre riverito, e ammirato profondamente. Josep ha avuto così un’ulteriore conferma di “essere a Vienna”, e lo si vedeva molto sorridente, a suo agio, ma con un’emozione che si rinnova ogni volta.
Un’ovazione che quasi non voleva terminare, ritardando di qualche secondo l’attacco della Canción Húngara, tratto dalla zarzuela Alma de Dios, con la quale Carreras ha dato inizio al concerto in maniera superba: una versione interpretata magnificamente, a tutto tondo, accompagnata da movimenti e gesti di notevole immediatezza, agevolati dall’assenza dei microfoni che permetteva, appunto, una maggiore libertà di movimento. L’entusiasmo del pubblico, devo dire, non ha avuto particolari clymax, ma per una ragione molto semplice: l’intero concerto era IL clymax, e fin dai primi momenti si sono alternati applausi implacabili e “bravo”.

È stato poi il turno di Sylvia Schwartz, avvolta in un sobrio abito carta da zucchero, con il brano De España vengo da El niño judío: brano che per quanto bello sia, per un qualche motivo sconosciuto,non ha messo in risalto tutte le qualità vocali che il soprano ha mostrato in seguito. Forse, dalla mia posizione, si sentiva molto più vigorosamente l’orchestra, che durante brevi tratti copriva un po’ il resto; detto questo, si è notato subito l’eccezionale controllo nei vocalizzi, uno splendido colore, e una voce mai stridente, oltre alla perfetta dizione spagnola.

È stato poi tempo per una breve parentesi catalana, con i brani Festeig e Cancó de Grumet di Toldrà: anche se amo particolarmente la prima, sono bellissime entrambe, più lenta la prima, vivace la seconda,  Carreras le intesse con quell’amor di patria che lo contraddistingue, con quell’emozione che ci travolge e che ci lega, anche se di riflesso, al país petit in cui è nato il nostro tenore.
Secondo turno dell’orchestra per un totale protagonismo con l’Intermezzo de La Boda de Luís Alonso di Jerónimo Jiménez, straordinario come sempre in tutto il suo vigore.
Il brano successivo, Ya mis horas felices, ha testimoniato ulteriormente l’eccellenza interpretativa di Josep Carreras che di questo brano ha reso anche la più piccola sfumatura drammatica, l’amarezza e la sofferenza del personaggio. L’ennesimo momento in cui ognuno di noi del pubblico ha realizzato di trovarsi di fronte a un artista di squisita elevatura, di un’intensità comunicativa che non ha eguali.

Una seconda esibizione del soprano Sylvia Schwartz, stavolta con un brano che le ha reso giustizia, Me llaman la primorosa, che richiede grande agilità vocale, di notevole estensione, e probabilmente un po’ troppo esigente sul finale, che è stato comunque risolto brillantemente in altro modo.
La prima parte, straordinariamente “hispánica” è stata portata a conclusione che il consueto duetto El dúo de la Africana, ancora una volta interpretato in modo fantastico da entrambe le parti , che in grande complicità hanno saputo accompagnare la voce con il teatro e la recitazione. Una soluzione di gran gusto, tale da coronare nel migliore dei modi una prima parte, un po’ diversa dal solito, un grandissimo piacere assaporare un programma così ben strutturato e ricco di momenti sublimi.

Dopo una pausa di circa venti minuti, motivo di ritrovo e scambio di opinioni ed emozioni, magari sorseggiando un buon vino, si è fatto ritorno alle proprie postazioni, con l’emozione identica dell’inizio, pronti per una seconda parte dai colori molto italiani. Questa metà è stata direttamente introdotta da  Josep Carreras con l’interpretazione di un brano della tradizione partenopea Era de maggio, seguito da La Serenata, che solitamente ha occupato la posizione d’esordio nei concerti precedenti. Anche nel repertorio italiano Carreras non si smentisce mai, passionale e travolgente, come sempre.
Terza occasione per il soprano, Sylvia Schwartz, questa volta con i capelli raccolti in un elegantissimo chignon e un lungo abito rosso senza spalline: si è nuovamente esibita con un bellissimo brano italiano, Il Bacio, di Arditi, nel quale ha mostrato tutte le sue qualità, pur dovendo spesso far fronte alla prorompenza dell’orchestra.

Largo a Josep Carreras, ancora una volta, con un brano cui siamo piacevolmente abituati, ma cui non potremmo rinunciare per quell’intensità che Carreras rende in maniera unica, molto sentimentale, ma senza mai scadere nel patetico: mi riferisco, ovviamente, a Passione, che è stata poi seguita in un turbine molto emotivo da un’altra delle novità della serata, il brano napoletano Tu can un chiagne, che non riascoltavamo dalle labbra di Carreras da un bel po’ di tempo. Sono stata così tanto assorbita dall’ascolto di questo brano, forse la “novità” più evidente del programma, che paradossalmente non riesco a metterne bene a fuoco il ricordo. A volte l’emozione gioca brutti scherzi.
L’ultimo brano solo per orchestra è stato l’Intermezzo de L’Amico Fritz di Mascagni, di grande ricercatezza e spessore, che ha garantito a David Giménez e a tutta l’Orchestra un’ovazione molto sentita, e senza alcun dubbio meritatissima. Non ho mai fatto segreto della mia grande ammirazione per David, ogni volta mi perdo nei suoi movimenti che talvolta sembrano essere sorgente della stessa musica.



Un altro momento a me particolarmente gradito è stato l’ultimo duetto del programma ufficiale, Non ti scordar di me, eseguito dalla Schwartz e da Carreras con estrema dolcezza, la stessa, probabilmente, per cui il brano è stato concepito.
La seconda parte è stata portata al termine con un ultimo brano per ciascuno: Les filles de Cadix, bellissimo, cantato strepitosamente da Sylvia Schwartz, nel quale la sua voce faceva concorrenza alla luce del collier che indossava, tanto era brillante; Core ‘ngrato per Carreras, consueta, ma in grado di darti ogni volta i brividi lungo la schiena, soprattutto in quel finale sa togliere il fiato, in cui Josep sprigiona un potere straordinario, che rende indifesi.
Da questo momento in poi, come è usanza a Vienna, la parte antistante il palco si è gremita di persone, e Carreras è stato letteralmente sepolto da bouquet e fiori, tantissimi, oltre a quello d’obbligo consegnatogli sul palco, la Schwartz, Giménez e il primo violino. Il tenore, oltre a scatenare inesauribili applausi, ha dovuto fare più volte ritorno sul palco per raccogliere tutto quello che dalla platea gli veniva offerto: non poteva che manifestare la sua gratitudine, dipinta su quel suo viso commosso e sorridente, alzando le braccia indicando quel suo pubblico, non solo viennese, che non riusciva a smettere di applaudire in un affettuosissimo abbraccio metaforico.

Gli applausi erano ancora in corso quando David Giménez ha attaccato Chitarra Romana, primissimo tra gli encores, eseguito da Josep Carreras, cui poi Sylvia Schwartz ha dato il cambio con O mio babbino caro, un classico brano di repertorio, tratto dal Gianni Schicchi, che offre su un piatto d’argento, ai soprano di gran talento, la possibilità di conquistare il proprio pubblico.
Carreras è rientrato nuovamente dovendo moderare le ovazioni instancabili per poter cantare Vierno, un’altra perla di grande intensità, solitamente presente negli encores. Dopo l’ultimo brano del soprano, che purtroppo non conoscevo, e tutt’ora non ne conosco il titolo, anche se ricordo che ha ricevuto applausi subito dopo il primo verso, il pubblico reclamava Carreras a più riprese, quasi non intendesse lasciarlo andare, per non interrompere quella magia che si era venuta a creare dal momento in cui l’amatissimo tenore aveva messo piede sul palco della Wiener Konzerthaus, dorata, ma non quanto la voce di questo artista meraviglioso che ha questo potere straordinario sui cuori delle persone che ascoltano il suo canto, un potere a cui non si può fare altro che arrendersi, lasciandosi avvolgere dalle emozioni che questo sprigiona.

L’atmosfera sul palco era a mezzo tra emozionata di gratitudine e divertita di fronte all’insaziabilità del pubblico, tale per cui David Giménez ha dovuto prendere in mano la situazione comunicando il numero del quinto brano della parte degli encores, numero che ha tardato un po’ ad essere compreso da tutti, suscitando una certa ilarità nella sala. Anche Josep Carreras si è accertato controllando nella partitura di un membro dell’orchestra, ma dopo poco è partito il Brindisi della Traviata, in seguito accompagnato dal battito di mani del pubblico scandendone il tempo. Carreras ha fatto più volte ritorno sul palco, perché non riuscivamo a smettere di applaudire, aggrappandoci all’illusione di un’ultima canzone, che però non è arrivata. Ma è andata benissimo così: una serata magnifica, come ogni ritorno a Vienna che si rispetti con un pubblico speciale che non può che re innamorarsi ogni volta di un artista come lo è Josep Carreras.

MOLTES GRÀCIES JOSEP!! 
FELICITATS!!

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